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Breve storia, curiosità, tradizioni e prodotti tipici

Storia
La origini della città, situata tra la piana del Volturno e quella del Garigliano, risalgono all'epoca Quaternaria e i primi abitanti della zona, dopo il periodo neolitico, furono gli Aurunci. Questi vivevano in villaggi sparsi sul territorio, privi di fortificazioni e quindi furono facile preda dei Romani che li sopraffecero e nel 296 a.C. fondarono la colonia di Sinuessa (che, durante quel periodo, entrò a far parte della Pentapoli aurunca), in prossimità dei colli di Vescia, là dove sorgeva la città greca di Sinope (in greco Σινώπη). La particolare fertilità del suolo e la vicinanza del mare fecero sì che in poco tempo la colonia si popolò, attirando diversi cittadini e arrivando a contenerne quasi 9000 nella zona pianeggiante. A partire poi dal II secolo a.C. cominciò a diffondersi la coltura della vite: in poco tempo la produzione vinicola del Falerno, decantato da Virgilio in numerose opere come "nettare degli dei", raggiunse risultati molto rilevanti e la città cominciò a godere di larga rinomanza. Inoltre la vicinanza della via Appia facilitò gli scambi commerciali e turistici. Infatti molti cittadini romani, politici, ricchi commercianti, imprenditori, fecero a gara per costruirsi ville ed abitazioni per le vacanze, come il poeta Turpilio, Cicerone, Gaio Ofonio Tigellino (il crudele prefetto del pretorio) e, in breve, Sinuessa divenne un centro turistico molto rinomato, anche per le proprietà altamente curative delle sue Terme, adatte, secondo la tradizione, non solo a curare la sterilità nelle donne ma anche le malattie mentali.
Nel I secolo d.C. la città raggiunse il più alto splendore anche per l'inaugurazione di un altro importantissimo nodo stradale, la via Domiziana. Dalla fine del II secolo, però, iniziò la decadenza, dovuta ad una crisi dell'agricoltura. Nel 375 Sinuessa subì enormi danni a causa di un catastrofico terremoto e i sopravvissuti, anche per trovare scampo dalle continue invasioni barbariche, si rifugiarono sulle pendici del Monte Petrino, dove edificarono un villaggio fortificato e la Rocca Petrina.
Le invasioni continuarono durante tutto il Medioevo e la città stremata dagli innumerevoli attacchi si ridusse ad un misero villaggio, che prese il nome di Petrinum. All'inizio dell'XI secolo fecero la loro apparizione i Normanni che occuparono l'antico villaggio romano Petrinum e ampliarono la fortificazione della Rocca. La rocca fu importante postazione militare sia sotto gli Svevi che con gli Angioini. In seguito subirà modifiche dagli Aragonesi.
Il territorio passò nelle mani di vari signorotti locali, dai Marzano, Duchi di Sessa, ad Antonio Carafa di Stigliano, consigliere del Re Ferrante, e nel 1461 era stato elevato a Ducato. Alla morte di Nicola Gusman Carafa, Principe di Stigliano, il feudo fu messo in vendita ed acquistato, nel 1691, dal Marchese di Clarafuentes, Don Marcantonio Grillo, per la somma di circa 550.000 ducati. Il nipote di questi, Don Domenico Grillo, fu l'ultimo duca di Mondragone fino al 1806, anno in cui venne abolita la feudalità. Del dominio dei Grillo è testimonianza il Palazzo Ducale.
Dopo la dominazione francese del Regno di Napoli (1815), Mondragone passò in mano dei Borbone e vi rimase fino alla proclamazione del Regno d'Italia.
Durante la seconda guerra mondiale la città di Mondragone diede prova di grande coraggio opponendosi con ogni mezzo all'occupazione tedesca, si ricorda pertanto il truce eccidio delle Cementare riconosciuto dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi con la medaglia d'oro al valor civile.
Toponimo
Varie sono le ipotesi circa l'origine del nome Mondragone. Secondo una prima ipotesi il nome deriva dal nome dato alla Rocca dai Normanni, Rocca Dragone, quasi a titolo onorifico verso la moglie del conte Riccardo II, figlia di Dragone, conte di Puglia, di nome Rocca. Una seconda ipotesi vuole il nome derivare dalla somiglianza del monte Petrino, che sovrasta la città, con un drago. Più suggestiva e leggendaria è la terza ipotesi che vuole l'origine del nome legata all'esistenza di un drago che appestava e uccideva chiunque trovasse sul suo passaggio. L'ipotesi più vera è che al tempo dell'invasione barbarica, la famiglia dei Dragoni fu costretta ad abbandonare il paese e a rifugiarsi sul castello sito sul Monte Petrino che sovrasta la città e da lì il nome Monte dei Dragone che con il tempo è diventato appunto Mondragone.
Onorificenze:

Medaglia d'oro al Merito Civile

«Centro strategicamente importante, all'indomani dell'armistizio, subì, da parte dell'aviazione tedesca, un violento bombardamento notturno che provocò la morte di sedici persone e la quasi totale distruzione dell'abitato e del patrimonio industriale ed agrario. Oggetto di spietate rappresaglie ed efferata violenza su donne da parte dell'occupante nazista, sopportava la perdita di un numero elevato di suoi concittadini, dando luminoso esempio di spirito di sacrificio, di incrollabile fermezza ed amor patrio.»
(Mondragone (CE), settembre-ottobre 1943)

                         

Monumenti e luoghi di interesse


Mondragone è una località di notevole interesse turistico ed archeologico, è un frequentato centro termale e balneare. Notevoli sono anche le strutture di interesse storico tra cui possiamo ricordare il Palazzo Ducale, in fase di restauro dal 2004, La Rocca Montis Dragonis sul monte Petrino che a circa 500 m d'altezza sovrasta la città e dalla quale si può godere un panorama unico di tutto il Golfo di Gaeta, la Chiesa di S. Anna a Monte anch'essa situata in montagna, il Palazzo Tarcagnota, ed il parco archeologico dell'appia antica oggetto di scavi ed indagini recenti nei pressi del cimitero. Inoltre la città sommersa di Sinuessa situata nella frazione di Le Vagnole andata sotto il livello del mare in seguito ad un bradisismo che spinse la popolazione mondragonese a spostarsi di pochi chilometri e soprattutto lontano dal mare dove si è sviluppato il quartiere storico medievale di S. Angelo famoso per le sue tradizioni folcloristiche e per i suoi vicoletti medievali, in questo quartiere è possibile visitare il palazzo del filosofo Pietro Taglialatela, uomo di cultura di Mondragone.
Sinuessa
L'antica Sinuessa sorge nel 296 a.C. e col passare del tempo divenne una delle città più importanti e floride, prima del Latium adiectum e poi dell'Impero Romano. Di qui passava, infatti, la Via Appia, grande arteria di collegamento viario dell'epoca, che collegava Capua a Roma. Le sue terme erano famosissime tra le matrone ed i patrizi romani, che giungevano a Sinuessa per bagnarsi nelle calde e salubri acque della zona "Incaldana". Rinomata, inoltre, per il suo prelibato vino, il Falerno, e per il clima mite. Con la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, anche Sinuessa venne distrutta dalle invasioni barbariche, ma la causa principale del declino fu il bradisismo, che causò il conseguente abbandono da parte degli abitanti. Le terme precedentemente menzionate.


Venere Sinuessana


Il 25 gennaio del 1911 il signor Leopoldo Schiappa faceva eseguire dei lavori di sterro per l'impianto di una vigna nella zona dell'Incaldana. Durante i lavori, il colono Antonio Guglielmo, e il figlio Giovanni, urtarono col piccone un corpo grosso e duro: stupiti, videro emergere dalla terra due pezzi di una statua mutila delle braccia e del corpo. Subito si diffuse la notizia in paese e il ritrovamento fu segnalato al Museo archeologico di Napoli dove la statua fu condotta, il 10 aprile del 1911, dal professor Vittorio Spinazzola.
Questi, facendo riunire i due pezzi ritrovati, ricostruì la famosa statua, che chiamò la “Venere Sinuessana”, attribuendola a Prassitele, sommo scultore greco del IV secolo a.C. Questo capolavoro di scultura greca adornava un tempo una delle ville romane di Sinuessa. Si suppone che la villa appartenesse a Marco Tullio Cicerone[senza fonte]. Raffigura una donna uscita dal bagno, sulla spiaggia, nell'atto di asciugarsi, trattenendo il lenzuolo sui femori. È da evidenziare che la statua fu acquistata per solo 500 lire dell'epoca, mentre ne valeva almeno cinquecentomila. Praticamente si tratta di una raffigurazione di una donna nuda senza testa ne braccia.
Via Appia
La via Appia sorse tra il 313 ed il 310 a.C., per ordine di Appio Claudio Cieco.
I Romani costruirono questa famosa arteria non solo allo scopo di espandersi verso sud, ma anche allo scopo di favorire il commercio con l'oriente e con l'Africa, arrivando l'arteria fino a Brindisi.
Essa attraversa la campagna di Mondragone sul lato settentrionale, da Le Vagnole a Porto di Carro, ai piedi del Col Petrino, fino al sito dell'odierno Cimurro e, di là, attraverso la zona di Limata, fino al punto suddetto ed oltre, dopo aver valicato il Ponte Campano. A partire dalla fine dell'Ottocento, lungo questa strada, nei pressi della chiesetta di San Rocco, si svolgeva, dal 23 al 25 agosto, la fiera del bestiame detta di San Bartolomeo, di antica tradizione.
Torre del Paladino
Si trova in prossimità della via Appia. Mausoleo del I secolo a.C., probabilmente costruito da una nobile famiglia del luogo, la Cedicia Gens. L'ingresso è rivolto al Massico, costruito interamente a blocchi enormi poligonali, dello spessore di due metri e permette l'accesso alla camera sepolcrale, la quale riproduce le celle funerarie dei sepolcri di personaggi illustri. La torre si trova all'interno di una proprietà privata.


Rocca di Mondragone


La rocca di Mondragone venne costruita tra l'VIII ed il IX secolo dai reduci della città di Sinuessa. Sorge alla sommità del Monte Petrino. La struttura originaria di quest’edificio non è la stessa che oggi si può immaginare osservando i ruderi ancora esistenti. Le torri che ancora s’intravedono, alcune quadrate, altre circolari, ci inducono a pensare che esse furono costruite in epoche differenti e che senza dubbio già esisteva un’antica costruzione prima che si realizzasse l’imponente rocca. Le linee architettoniche ci fanno dedurre che sia una costruzione sorta tra l’Alto ed il Basso medioevo, e che ha subito modifiche nel corso dei secoli. L’attuale castello si presenta come un massiccio edificio quadrato composto da due piani poggiati sulla parte scoscesa del monte, con le sue fondamenta che seguono l’ondulata roccia viva. L’entrata principale era posta verso occidente. La rocca venne abbandonata tra il XV e il XVI secolo. A partire dal 2001 il Comune di Mondragone ha iniziato a finanziare una campagna di scavi archeologici presso la "Rocca Montis Dragonis", che sta riportando alla luce un vero e proprio villaggio medievale di particolare interesse archeologico, richiamando il cd. fenomeno dell'incastellamento di età medievale sul territorio dell'alta Campania. Molti dei resti asportabili delle campagne di scavo vengono custoditi all'interno del Museo Civico Archeologico della città. Da qualche anno, grazie all'impegno di alcune associazioni del territorio, il castello viene interamente illuminato durante i giorni della festa di San Michele Arcangelo, agli inizi di Ottobre.
Le stesse associazioni organizzano escursioni serali durante i mesi estivi, con percorsi di luce all'interno dell'area archeologica. Presso la sommità della rocca è possibile ammirare un panorama che spazia da Sud, con Ischia ed il Golfo di Napoli, a Nord con il promontorio del Circeo. Per quanto riguarda il raggiungimento del castello, va specificata l'impossibilità materiale di raggiungerlo dalla facciata anteriore del monte, visibile da Mondragone, data l'estrema ripidità della salita. Turisti e abitanti del luogo sono soliti raggiungere la rocca attraverso la parte posteriore del rilievo, raggiungibile attraverso una strada sterrata - recentemente riqualificata - che conduce sino ad una grande distesa erbosa, a metà del percorso. Da qui in avanti non è più possibile salire in autovettura e bisogna quindi intraprendere un sentiero pedonale che conduce fino in cima.


Monastero di Sant'Anna a Monte


Il monastero di Sant'Anna a Monte, detto "de acquis vivis", fu costruito sul terreno donato dalla regina Agnese ai monaci del Sacro Specus di Subiaco. Nel 1342, due monaci del sopraccitato monastero, col permesso del loro abate, fondarono quest'edificio. La sua lenta decadenza comincia circa trecento anni dopo, nel 1500, con le varie incursioni saracene. Verso la metà del Settecento viene iniziato un primo tentativo di ristrutturazione, ad opera dell'abate Nicola da Salerno.
Il 7 settembre del 2000, gli eredi Lapiello donano il monastero con il circostante terreno al parroco Don Franco Alfieri, che in collaborazione con l'amministrazione comunale si è adoperato per la realizzazione di una strada in cemento. Il monastero necessita di lavori di ristrutturazione e valorizzazione. Infine, è da ricordare che grazie ai parrocchiani della comunità di San Rufino, ogni anno il 26 luglio, vi si festeggia Sant'Anna.


Santuario del Belvedere



Questa struttura sorse intorno al 1200, e non si sa con certezza quali siano stati i primi abitanti. Quel che si sa per certo è che dal 1569 al 1624 ressero il santuario i Padri Carmelitani, i quali ristrutturarono anche l'adiacente convento. In quel tempo Mondragone era governata dai signori Carafa, minacciati costantemente dal pericolo turco. Tra il 1542 ed il 1550 si ebbe la totale devastazione del piccolo santuario ad opera dei Saraceni. L'abside che si vede oggi è ancora quello originale. Durante un incendio procurato dai Turchi, fu data alle fiamme anche l'icona sacra della Madonna Incaldana, di fattura bizantina, risalente al XII – XIII secolo. Ne uscì illesa.
Il 26 aprile 1624 i Padri Carmelitani, dopo 55 anni di permanenza, dovettero abbandonare il convento a causa delle incursioni barbariche e per l'eccessiva distanza da Mondragone e da Carinola. Intanto sorse una contesa tra Mondragone e Piedimonte di Sessa per l'attribuzione dell'icona della Madonna Incaldana, in quanto i padri carmelitani, costretti a lasciare il luogo, dovettero affidare il pezzo d'arte ad uno dei paesi contendenti. Si pensò ad uno stratagemma: si presero due buoi, uno per ognuno dei due paesi, e fu affidato ad essi il compito di condurre il quadro. La disputa sarebbe stata risolta dalla direzione che avrebbero preso gli animali. Essi si diressero per la via Appia verso Mondragone e durante il tragitto si fermarono presso la cava Iacobucci, in quel punto fu innalzato un oratorio, tutt'oggi visibile. I due animali, una volta giunti a Mondragone, morirono e si dice che siano stati sepolti sotto il sagrato un Tempio Massimo di Mondragone.


Chiesa di San Francesco


Situata nel cuore della città, nei pressi di Piazza Umberto I, è una Chiesa con una sola navata dallo stile essenzialmente romanico. All'ingresso è presente una statua in bronzo di San Francesco d'Assisi alta 2,50 m. All'interno, l'unica navata si congiunge all'abside, con sei archi a sesto ribassato sul lato.


Chiesa di San Michele extra moenia


Situata all'interno dello storico quartiere di Sant'Angelo, risale al XIII secolo. Il suo stile predominante è quello romano-gotico, pur non mancando altri spunti risalenti alle modifiche successive. All'interno della Chiesa, che si basa su un piano rialzato rispetto alla strada, vi sono tre navate di cui quella centrale costruita attraverso delle capriate in legno. Risalente al periodo proto-rinascimento è invece l'affresco raffigurante "La Vergine col Bambino tra i Santi".


Chiesa di San Rufino


Costruita nel 1958 per opera dell'Arch.Gaetano Rapisardi, la Chiesa si affaccia su Viale Margherita, la strada principale della città. A forma trapezoidale, contiene all'interno un mosaico raffigurante San Rufino, con ai lati dieci finestre istoriate poste al di sotto della cupola centrale. Sia la cupola che la parte esterna sono stati oggetto di recenti lavori di riqualificazione.
Museo Civico Archeologico Biagio Greco
Il Museo, inaugurato il 20 ottobre del 2000 e riconosciuto Museo d'Interesse Regionale nel 2007, è composto da cinque sale che raccolgono i materiali rinvenuti durante le campagne di scavo effettuate nel territorio e organizzate cronologicamente dalla Preistoria al Medioevo.


Marmi


I pregiatissimi marmi mondragonesi sono stati utilizzati anche all'interno della Reggia di Caserta. Oggi giorno le cave di marmo risultano essere dismesse per via dei danni che, le stesse, stavano provocando al Monte Petrino. Ogni produzione è dunque scomparsa.


Terme


Storia e caratteristiche
Le acque termali di Mondragone affondano le proprie radici nel tempo dell'antica Roma, quando l'antica Sinuessa (oggi in gran parte sommersa) era un eccellente luogo di villeggiatura degli antichi romani, come raccontano nei loro scritti Tacito e Plinio. Le sorgenti termali, oggi presenti in Località Levagnole (a Nord di Mondragone tra le pendici del Petrino e la spiaggia tirrenica), sono pacificamente riconosciute come acque termali di grande qualità. Il grado solfidometrico (151) e la termalità (52), rendono queste acque uniche in Italia e paragonabili e quelle di Baden ed Acquisgrana. Queste caratteristiche hanno determinato un altissimo grado di apprezzamento delle sorgenti lungo tutto il percorso storico della città, spesso autentico luogo di pellegrinaggio da parte degli infermi di tutta Italia. Le acque sono particolarmente adatte per bagni ed inalazioni, specie per soggetti asmatici, affetti da artrismo e malattie cutanee.
Le Terme oggi
Malgrado il grande prestigio delle terme in epoca romana e l'attualissima presenza di sorgenti termali naturali, l'industria delle terme a Mondragone non è mai completamente decollata nell'epoca moderna. Lo sviluppo della città negli anni 60' e 70' vide l'emigrazione di molti agricoltori verso il settore del Turismo balneare, tralasciando le forti opportunità termali che non sono state mai valorizzate a pieno. La città, ancora oggi, è divisa tra agricoltura, commercio e turismo balneare estivo, nonostante le sorgenti termali ancora potrebbero rivelarsi una ingente possibilità di sviluppo per l'economia locale. Attualmente esiste una sola struttura alberghiera dotata di spa che approfitta delle acque sulfuree. All'inizio degli anni duemila, una cordata di imprenditori tentò di valorizzare definitivamente questa prestigiosa risorsa, ma il progetto di un grande resort delle terme non è stato mai portato a compimento, sebbene più della metà della struttura giaccia ancora in attesa di completamento. Di recente la città è stata inserita all'interno della filiera termale della Regione Campania, nata con lo scopo di promuovere e potenziare le risorse termali campane, in cui Mondragone è stata inserita alla pari di altre mete rinomate come molti comuni di Ischia, Pozzuoli, Telese Terme, Contursi Terme. Questa ennesima opportunità potrebbe incentivare nuovi imprenditori ad investire sulle sorgenti che, ancora oggi, sono oggetto di bagni occasionali dei mondragonesi presso alcune delle vasche naturali formatesi nel tempo.


                                                       Eno Gastronomia


La Mozzarella di bufala di Mondragone


La città da molti è stata definita come la capitale indiscussa della mozzarella di bufala campana. Percorrendo le strade cittadine, si ha presto la percezione dell'elevato numero di caseifici che stanziano sul territorio. L'attività rappresenta uno dei maggiori sbocchi occupazionali per i mondragonesi. Durante la stagione estiva, numerosi turisti si riversano nei caseifici per degustare la mozzarella di Mondragone.
Sono vari i rilievi cinematografici che citano la città per la propria mozzarella. Tra questi, l'esplicito riferimento, all'interno del film "Il divo", ad opera dell'attore Carlo Buccirosso oppure nel film "Gallo cedrone" del 1998, da parte di Carlo Verdone. Durante il Festival di San Remo del 2015, il comico napoletano Alessandro Siani cita la mozzarella di Mondragone in una battuta rivolta al presentatore del Festival Carlo Conti.


Il Vino Falerno


Tra i prodotti tipici locali, spicca il rinomato Falerno. La produzione di questo particolare vino si estende dal territorio di Mondragone sino ai confinanti comuni di Falciano del Massico, Carinola e Sessa Aurunca. Sono varie le zone cittadine che, per la loro conformazione geografica, determinano la particolarità del gusto di questo vino. Tra queste, meritano di essere citate la zona del "Gaurano", alle pendici del Monte Petrino, con viti poste su terreni influenzati dalla presenza di un sottosuolo termale. Altra zona di rilievo, è quella che genera il Falerno del cd. "Levagnano". Per quest'ultima specie, non esistono produttori aziendali, ma solo privati, dato il ridottissimo numero di viti. Ciò che rende tradizionalmente pregiato questo vino, è la presenza delle viti su terreno sabbioso, a ridosso del mare. Ciò determina un gradazione alcolica molto alta del vino. Negli ultimi anni è aumentato il numero di aziende vinicole produttrici del Falerno, molte delle quali sono in forte espansione.



Scrippèlla
Da non confondere con le scrippelle tipiche di Teramo, è un dolce locale, fritto in olio di oliva, con una tipica forma a spirale. Molto legato alla tradizione storica della città, in quanto veniva prodotto in casa soltanto in occasione dei matrimoni come omaggio degli sposi e veniva distribuito, con l'ausilio dei bambini, nelle case di amici e parenti qualche settimana prima delle nozze. Al giorno d'oggi viene prodotto anche durante le manifestazioni estive locali.
Fagiolini verdi
Il fagiolino di Mondragone è un prodotto molto ricercato, che viene esportato in tutta Italia. Sul territorio sono presenti numerose aziende agricole che lavorano questo particolare prodotto.


Guappa


È un liquore fatto con l'utilizzo del latte di bufala, lo stesso che viene utilizzato per la mozzarella. Di colore bianco, viene prodotto da un'azienda locale di liquori e distillati.


Salsiccia di maiale


La salsiccia di maiale prodotta a Mondragone è fortemente tipizzata dall'utilizzo di aromi e spezie che la rendono di colore rosso vivo, facendole assumere un sapore molto intenso.


Manifestazioni turistiche


Calici di Stelle e Notte bianca dell'arte

Manifestazione di valorizzazione del Vino Falerno e dei prodotti tipici locali, che si tiene ogni anno durante la prima metà del mese di Agosto nel centro cittadino
 

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